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Domande frequenti sulle ripetizioni di scacchi

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Tutto sulle ripetizioni di Scacchi

Giocare a scacchi: un passatempo o una vera passione per tantissime persone di età diverse, in tutte le parti del mondo. Se dovessimo nominare un gioco davvero universale, conosciuto praticamente a qualsiasi latitudine, la scelta molto probabilmente cadrebbe proprio sul gioco degli scacchi.

A differenza di un tempo, però, oggi non è scontato saper giocare a scacchi. Molti bambini crescono con il controller della console in mano, o davanti allo schermo di un tablet, e gli scacchi (sia nella loro versione fisica sia in quella virtuale) non rappresentano un’attrattiva forte. Rimangono però uno dei migliori giochi da praticare per stimolare le capacità cognitive.

Come fare dunque se si desidera imparare a giocare a scacchi ma non si ha a disposizione un parente o un amico disposto a insegnare? In casi come questo le ripetizioni o lezioni private di scacchi sono la soluzione ideale.

Quando nasce il gioco degli scacchi?

Abbiamo definito gli scacchi un gioco universale, conosciuto e praticato in tutto il mondo. Ma dove è nato il gioco degli scacchi? Quali sono le sue origini? Ci sono diverse teorie in merito, ma pare ormai certo che gli scacchi siano nati in Oriente e precisamente in India, intorno al sesto secolo d. C.

Dall’India, attraverso la Persia, gli scacchi sarebbero giunti in Europa intorno all’anno 1000; dapprima questo gioco conquistò l’Europa orientale, in seguito si impose anche nei paesi dell’area occidentale, anche se non furono poche le obiezioni sollevate dalle autorità religiose e da quelle politiche. Nel giro di pochi secoli, però, il gioco degli scacchi divenne il gioco dei re “per eccellenza” e fu dunque sdoganato del tutto.

Il gioco degli scacchi è rimasto sempre lo stesso?

La storia degli scacchi è affascinante e potrà interessare qualsiasi persona che intende prendere lezioni private di scacchi - o ripetizioni se ha già giocato abbondantemente in gioventù e desidera approfondire la conoscenza del gioco.

Inizialmente il gioco degli scacchi, nella sua versione originaria, era molto più lento di quanto non sia oggi; e se già oggi certe partite possono durare ore e addirittura giorni… immaginiamo come dovesse essere secoli fa.

Fu con la diffusione in Europa del gioco che si assistette ai più grandi cambiamenti, il più importante dei quali è forse quello che riguarda la regina: da pezzo con limitate libertà di movimento a pezzo più potente della scacchiera, il salto fu notevole.

In generale, le teorizzazioni dell’epoca medievale in Europa mirarono a snellire e velocizzare il gioco per renderlo più avvincente, anche (ma non solo) in considerazione delle molte scommesse che si facevano sulle partite a scacchi.

Ma il più grosso dei cambiamenti fu dovuto all’influenza della chiesa cattolica: inizialmente infatti gli scacchi si giocavano con i dadi. Siccome tutto ciò che era affidato al caso, come il gioco d’azzardo, non era visto di buon occhio dalla Chiesa, i dadi furono prontamente eliminati dal gioco.

Bisogna studiare molto per imparare a giocare a scacchi?

In fin dei conti bastano una scacchiera completa e le istruzioni del gioco: questo è quello che pensa la maggior parte degli aspiranti giocatori di scacchi. Ma se fosse così semplice, non esisterebbero gli insegnanti di scacchi e nemmeno i campioni mondiali di questo gioco, diventati negli anni vere e proprie star (con guadagni altrettanto stellari).

Gli scacchi sono un gioco di strategia e se è vero che sbagliando s’impara, è anche vero che tutti gli sbagli fatti nei secoli sono stati studiati a fondo per elaborare tattiche di gioco che mirano a non commettere errori già commessi. Ecco perché chi vuole studiare gli scacchi tramite lezioni private o ripetizioni troverà sicuramente pane per i propri denti.

Non si tratta solo di giocare, bensì di capire le regole “profonde” che sottostanno al gioco; c’è molta matematica implicata nelle strategie scacchistiche, del resto basta considerare il fatto che la scacchiera, con le sue 64 caselle, è organizzata secondo un piano cartesiano definito da numeri e lettere.

Ogni casella può dunque essere individuata con coordinate univoche, che vengono usate per formulare quelli che si chiamano “problemi scacchistici”: situazioni di partenza (ipotesi) che devono essere risolte (tesi) tramite un numero determinato di mosse (dimostrazione).

Per rispondere alla domanda iniziale, dunque, è necessario studiare per imparare a giocare a scacchi. Un buon insegnante di scacchi, tramite un percorso di lezioni private, è in grado di aumentare dello studente nel gioco unendo studio e divertimento.

Come si gioca a scacchi?

Il gioco degli scacchi è composto da:

  • Una tavola, la scacchiera, con 64 caselle uguali bianche e nere
  • Due batterie da 16 pezzi l’una, identiche ma di colore opposto (bianco/nero)

Ogni giocatore dispone di una batteria di 16 pezzi che deve mettere sulla tavola degli scacchi nella posizione di partenza. Il giocatore che inizia muove un pezzo, l’altro giocatore risponde a sua volta con una mossa e il gioco continua così, una mossa a testa, fino a che uno dei due non riesce a mettere in scacco il giocatore avversario.

Come detto prima gli scacchi sono un gioco di strategia, sarebbe sbagliato dunque dire che si gioca a scacchi muovendo i pezzi secondo le regole e provando a catturare il re avversario; le mosse vanno ponderate bene a seconda di come si vuole condurre la partita e di come risponde l’avversario, ogni partita è una storia diversa e richiede tattiche diverse.

Come finisce una partita a scacchi?

Non esiste solo lo scacco matto: una partita a scacchi può concludersi in modi diversi dalla “cattura” del re. Lo scacco matto è certamente la mossa conclusiva più nota e più ambita dai giocatori: si realizza quando il re non può sottrarsi all’attacco avversario, né fuggendo né interponendo un altro pezzo in sua difesa (né, tantomeno, catturando il pezzo che lo minaccia).

Una partita a scacchi può anche non avere un vincitore e finire in parità: in questo caso si parla di “patta”. Si verifica ogni qual volta si presenta una delle seguenti condizioni: non è possibile fare scacco matto, si sono verificate almeno 50 mosse senza cattura, sono rimasti troppi pochi pezzi per mettere in atto uno scacco matto, si verifica una condizione di stallo, la stessa posizione è stata ripetuta tre volte dall’avversario oppure, semplicemente, i giocatori si accordano per una parità e decidono di concludere la partita.

Lo stallo si verifica quando un giocatore, pur non essendo sotto scacco, non ha a disposizione nessuna mossa legale. Infine, uno dei due giocatori può abbandonare la partita, decretandone la fine.

Quali sono le fasi del gioco degli scacchi?

Un percorso di lezioni di scacchi sicuramente contemplerà lo studio di aperture e finali. Queste non sono altro che tattiche da mettere in atto per aprire una partita a scacchi (e trovarsi subito in vantaggio) e per chiudere una partita con la vittoria.

L’apertura, in particolare, ha lo scopo di disporre velocemente i pezzi più importanti in buona posizione sulla scacchiera; è un’apertura fatta bene se consente di essere immediatamente efficaci e di muoversi velocemente. Altri scopi di una buona apertura sono il controllo del centro della scacchiera, la zona “nevralgica” del gioco, e la copertura del re, il pezzo più importante da difendere.

Una buona apertura permette dunque di trovarsi subito in posizione dominante. Ecco perché le aperture buone si studiano, sempre sulla base di ciò che è già stato fatto dai grandi scacchisti in passato. Un buon insegnante di scacchi, durante una lezione privata, può insegnare le aperture più famose ed efficaci a seconda dei contesti.

Dopo l’apertura viene la fase cosiddetta del “mediogioco”: è la fase che precede il finale della partita, ovvero quella dove entrambi i giocatori, dopo avere impostato il proprio gioco tramite l’apertura, cercano di portare avanti il proprio attacco al re avvesario.

Infine, il finale del gioco è la fase se vogliamo più semplice del gioco degli scacchi, poiché il grosso del lavoro è stato fatto prima, tramite apertura e mediogioco, e anche perché i pezzi rimasti sulla scacchiera sono pochi: i due re, qualche pedone e poco altro. I pedoni, a differenza di quanto comunemente si pensa, hanno un’importanza cruciale in questa fase del gioco.

Quanto tempo ci vuole per imparare gli scacchi?

Imparare a giocare a scacchi per divertirsi è un percorso che può richiedere un numero contenuto di lezioni, ma che richiede senza dubbio un buon numero di ore di studio individuale. Un conto sono le lezioni di scacchi con l’insegnante, un altro conto è la pratica individuale, che non può essere sostituita dalle lezioni.

Diventare professionisti degli scacchi è invece tutt’altra storia. Bisogna giocare tanto, studiare altrettanto, dedicare tante ore all’analisi delle proprie e delle altrui partite. Come abbiamo detto più volte è un gioco di tattica e strategia, bisogna per forza di cose studiare tutto quello che è già stato fatto e capirne le ragioni - senza sacrificare intuito e creatività.

A che età iniziare a studiare gli scacchi?

Non esiste un’età precisa in cui iniziare, ma generalmente si consiglia di non fare studiare gli scacchi con un percorso di lezioni private prima dei 6 anni. Gli anni della scuola primaria sono ottimali per iniziare a studiare seriamente scacchi, mentre si può comunque iniziare a giocare anche prima.